Consent strategy, o strategia di gestione dei consensi, è quel processo fondamentale che consente al marketing di ottenere l’autorizzazione dei clienti a condividere i loro dati personali con i brand. La fine imminente dei cookie, che vieterà ai marketer di accedere ai dati di navigazione forniti da terze parti, imporrà alle aziende di riprendere in carico la proprietà dei dati relativi a identità, comportamenti e preferenze dei consumatori. Farlo bene significa unire etica e strategia per costruire relazioni di qualità, durature e di valore.
Dalla content strategy alla consent strategy
Le aziende hanno fatto dei cookie gestiti da terze parti il sistema nervoso centrale della pubblicità digitale. Con il GDPR, l’obbligo legale per i siti Web di ottenere l’autorizzazione dell’utente alla raccolta dei dati tramite i cookie durante la loro navigazione ha segnato il passaggio dalla content strategy alla consent strategy. Nel loro surfare online oggi le persone hanno una maggiore consapevolezza del valore dei loro dati personali e di come le aziende ne facciano uso (nel migliore o nel peggiore dei modi). Ma la strategia del consenso non si limita alla responsabilità della raccolta e della gestione dei consensi secondo i dittami della Privacy. Da qui ai prossimi anni, il successo delle relazioni e delle comunicazioni non dipenderà solo dalla conformità ma anche da una gestione più etica e responsabile delle informazioni. Il che significa costruire relazioni autentiche, basate su uno scambio di valore reale tra i brand e i loro clienti. Reali e potenziali.
Come reagire al blocco dei cookie
Già da un paio di anni i browser tradizionali come Google Chrome, Apple Safari o Mozilla Firefox hanno iniziato le grandi manovre per implementare misure di blocco dei cookie. Vero è che il motore di ricerca di Mountain View ha deciso di posticipare la fine dei cookie al 2023, per dare tempo agli inserzionisti e alle aziende di organizzarsi. Le imprese devono trovare nuovi modi per essere efficaci in un mondo senza cookie o comunque dove già molti clienti hanno imparato a disattivare il monitoraggio da parte degli inserzionisti per non essere identificati. In prospettiva, rispetto alla gestione della consent strategy, il cambiamento radicale delle possibilità di monitoraggio e tracciamento stravolge la dimensione martech e la dimensione adtech associata. Per progettare la nuova fase del marketing relazionale e potenziare le iniziative pubblicitarie è fondamentale focalizzarsi su una strategia di gestione dei dati proprietari legati a tutto l’ecosistema degli zero-party data.
La gestione del consenso: opt-in vs opt-out
La raccolta del consenso avviene tramite formule di iscrizione o di adesione da parte dei clienti a ricevere comunicazioni da un’azienda. Se i clienti non vogliono più ricevere notizie da un’azienda, cambiano il loro opt-in un opt-out, revocando il consenso per le varie comunicazioni del marketing. La consent strategy regola questa raccolta di desideri dei clienti, garantendo che le aziende rimangano conformi agli accordi, non contattando i clienti che non desiderano più essere contattati. A differenza della gestione dei consensi, la gestione delle preferenze è un ulteriore step che dà agli utenti la possibilità di fare scelte sulla frequenza della comunicazione, sugli argomenti e sui canali su cui desiderano ricevere le comunicazioni. I clienti possono anche fornire liberamentegli zero-party data nel processo di gestione delle preferenze. Mentre la gestione delle preferenze è importante, la gestione del consenso e della relativa consent strategy è improntata su una nuova scala di valori.
2022: il passaggio ai dati proprietari
Secondo gli analisti, solo il 56% degli esperti di marketing ritiene che la propria organizzazione offra un chiaro scambio di valore in cambio della condivisione dei dati da parte dei clienti. Il che significa che il 44% dei marchi dovrà affrontare rapidamente la questione. Molte aziende hanno già iniziato a raccogliere e, soprattutto, agire sui dati dei propri clienti. Il 2022, dunque, sarà ricordato come l’anno della svolta, con molti marchi che stanno diversificando le loro capacità digitali, imparando a non appoggiarsi in toto alle agenzie ma piuttosto a collaborare con loro in maniera più sinergica e proattiva. Rispetto alla consent strategy, il 94% degli esperti di marketing intervistati afferma che la privacy sarà un fattore significativo nella progettazione di qualsiasi iniziativa di misurazione, con la consapevolezza che solo con una buona etica dei dati sarà possibile centrare obiettivi di successo a lungo termine. I dati proprietari, infatti, non riguardano solo l’efficienza pubblicitaria, ma forniscono valore al cliente riconoscendo le sue preferenze. E i brand votati alla raccolta dei dati proprietari stanno raccogliendo risultati interessanti.
Consent strategy: è il momento di creare relazioni oneste e significative
Non potersi più affidare a set di dati di terze parti e al monitoraggio dei cookie per alimentare le proprie iniziative di coinvolgimento dei clienti è un problema da risolvere rapidamente. L’interruzione di quel flusso digitale costante di informazioni che permetteva ai marketer di orientare la bussola delle campagne e dei KPI è l’occasione giusta per ripensare la natura della comunicazione e della fidelizzazione. L’obiettivo? Costruire rapporti fondati sulla fiducia e su una proposizione aziendale più etica, onesta e significativa. Allinearsi ai bisogni e alle aspettative dei clienti vede i brand impegnati a connettersi direttamente con i consumatori per raccogliere dati, insight e tutte le autorizzazioni di cui hanno bisogno per potenziare azioni di marketing personalizzato in tutte le fasi del ciclo di vita del cliente. Nella pratica, invece di basare le loro iniziative sulla deduzione, i brand devono imparare a fare le domande giuste ai propri target, dando risposte concrete non solo in termini di prodotto o di servizio ma anche a livello esperenziale ed emozionale. Perché, alla fine di centinaia di interviste e sondaggi, le ricerche confermano tutte una cosa fondamentale: i consumatori condividono volentieri e intenzionalmente i propri dati se c’è uno scambio di valore alla pari tra loro e i brand.
Marketing relazionale e permission marketing
Il marketing relazionale di nuova generazione sta imparando a colmare il divario tra informazione ed azione. Non guarda solo lo scontrino ma abilita relazioni di qualità in modo creativo e, al contempo, leale, amichevole e attento. E lo dimostra prendendosi cura delle cose che contano di più per i clienti, mettendo a sistema conoscenza e intuizione per rafforzare la relazione nel tempo. Progettando iniziative di attrazione e di ingaggio in modo sempre più pertinente, funzionale e integrato, i brand non solo si devono focalizzare su una raccolta di dati proprietari. L’importante è avere una cabina di regia motorizzata da sistemi di gestione evoluti a supporto del Decision Support System. Ecco perché i brand più lungimiranti hanno capito che è il momento di lasciare la quantità di tool e applicazioni che hanno accumulato nel tempo per razionalizzare, integrare e semplificare la gestione omnicanale degli opt-in e delle campagne.
Il marketing relazionale si concentra sul valore della vita del cliente, facilitato da promozioni fedeltà, offerte intelligenti ed esperienze incentrate sulla fedeltà emotiva. Questo perché i dati proprietari generati da una consent strategy funzionale alzano il livello dello sviluppo. Combinando metodologie Agile e Design Thinking, le aziende grazie alle Digital Experience Platform possono comprendere il cliente in modo semplice e fluido, attivando approfondimenti e contenuti giusti, nei modi giusti, per garantire in tempo reale esperienze personalizzate e pertinenti su qualsiasi tipo di touchpoint: di oggi e di domani.
Consent strategy: puntare a uno scambio di valore. Sempre e comunque
In una consent strategy l’importante è coinvolgere i consumatori a livello individuale. Questo approccio umano alla personalizzazione è fondamentale in un mercato in cui la competizione si gioca a colpi di click. I consumatori, infatti, cambiano facilmente fornitore se non ricevono l’esperienza sperata. Ad oggi le strategie di personalizzazione sono ancora molto discontinue con errori frequenti su più ambiti:
- erogazione di contenuti irrilevanti come, ad esempio, i consigli tipo “potrebbe piacerti anche…” che propongono cibo per gatti a chi di gatti non ne ha o 20 confezioni familiari di shampoo a chi è single.
- mancato riconoscimento degli acquisti precedenti del consumatore a cui, ad esempio, viene proposto di acquistare lo stesso paio di scarpe che ha appena comprato, confermando il gap dell’automatismo associato a una pessima profilazione.
- messaggi inviati con cadenza sbagliata e in modo errato sui vari canali
- visualizzazione di informazioni sensibili sui consumatori che rimangono accessibili a tutti
Per mantenere i propri clienti e sviluppare business i marchi devono promuovere relazioni personalizzate attraverso messaggi tempestivi ma anche coerenti con le aspettative dei clienti, riducendo al minimo gli attriti di navigazione e di adesione.
Iper-personalizzazione e omnicanalità
Tutto ciò sottolinea l’importanza di coinvolgere i consumatori a livello individuale per comprendere tutto ciò che si può conoscere su di loro. Ed è proprio in questo senso che le martech platform più performanti stanno evolvendosi, permettendo ai brand di passare da una personalizzazione di massa a un’iper-personalizzazione one-to-one. Una Digital Engagement Platform non è solo un sistema capace di gestire raccolta dei dati, analisi, elaborazione e distribuzione delle iniziative di comunicazione su tutti i punti di contatto, fisici e digitali, che attraverso cui i consumatori in modalità omnicanale intersecano i brand. Questa innovativa cabina di regia assicura ai marketer che applicazioni e soluzioni siano orchestrate per potenziare il coinvolgimento dei clienti: che si tratti di dispositivi mobili, social, e-mail, direct mail, POS, annunci, programmi fedeltà o una combinazione di queste aree. Il valore di quella relazione diretta con il cliente e i dati che ne derivano, che possono essere applicati in modo più ampio su più canali, stanno guidando gran parte dell’interesse per il D2C (Direct to Consumer).
Consent strategy nell’era dell’engagement economy
La salute di un brand dipende da un migliore scambio di valore dei dati con i clienti. Per raccogliere i dati necessari ad alimentare una personalizzazione di valore, i consumatori in cambio della loro attenzione e dei dati sulle loro preferenze devono essere intrattenuti, coinvolti e ricevere qualcosa. Gli esperti di marketing possono mettere a fattor comune esperienza, scienza e tecnologie per garantire esperienze interattive che mixano infotaiment, edutaiment ed entertaiment per accumulare opt-in e offrire un’esperienza complessivamente migliore per ogni consumatore. Questionari, sondaggi, quiz, concorsi o storie sociali possono incorporare meccanismi di ricompensa che offrono ai consumatori un motivo genuino per coinvolgerli e indurli a inviare zero-party data e dati proprietari. L’importante e non ridursi solo a strategie di sconto o di premiazione. In un’economia di scambio del valore si lavora anche su contenuti esclusivi, social kudos, consigli personalizzati e punti fedeltà che sono altrettanti catalizzatori per la raccolta di opt-in e zero-party data. Catturare le motivazioni, le intenzioni, gli interessi e le preferenze dei consumatori su larga scala consente ai brand di garantire una customer experience personalizzata. Applicando i meccanismi giusti e offrendo uno scambio di valore, i clienti saranno disposti a raccontare quali prodotti desiderano, cosa cercano in un servizio e cosa li motiva ad acquistare e a rafforzare le loro fedeltà.
I vantaggi della consent strategy? Una migliore generazione di lead, programmi di remarketing funzionali, creazione di segmenti di pubblico e profilazioni di altissima qualità, marketing omnicanale data driven e un ingaggio dei clienti continuo e duraturo nel tempo.